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Immagine del redattoreBruno Capozzi / Business Intelligence

Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza: gli obblighi organizzativi


Il nuovo Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza (CCII) con l’art. 375, comma 2, aggiunge un secondo comma all’art. 2086 C.C. disponendo che “L’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale”.


Per l’imprenditore individuale invece l’art. 3 del CCII “deve adottare misure idonee a rilevare tempestivamente lo stato di crisi e assumere senza indugio le iniziative necessarie a farvi fronte”.

Si ravvisa quindi una sostanziale differenza tra le due disposizioni: mentre all’imprenditore individuale, in ragione sicuramente di una maggiore semplicità della forma d’impresa, si richiede di monitorare l’eventuale insorgere dello stato di crisi assumendo iniziative idonee a contrastarlo, dall’imprenditore collettivo viene pretesa l’adozione di un adeguato assetto organizzativo. La più complessa struttura dell’imprenditore collettivo ha indotto il legislatore, non solo a far rilevare l’insorgenza dello stato di crisi ma anche a far applicare una migliore gestione dell’impresa.

Tornando al novellato articolo 2086 del codice civile gli obblighi organizzativi adeguati a prevenire le crisi e la perdita della continuità aziendale restano nella quasi totale discrezione dell’organo amministrativo dell’impresa la cui adeguatezza verrà eventualmente valutata a posteriori nella malaugurata ipotesi di un default aziendale.


Sono escluse le grandi imprese[1], i gruppi di imprese di rilevante dimensione[2] e le società con azioni quotate in mercati regolamentati, o diffuse fra il pubblico in misura rilevante secondo i criteri stabiliti dal regolamento CONSOB; resta comunque una platea vastissima di imprese (tutte le società a prescindere dal fatto che siano di capitali o di persone) molte srl delle quali non saranno obbligate a nominare l’organo di controllo ex art. 2477 C.C. per limiti dimensionali[3] e che quindi non saranno soggette alle valutazioni di tale organo circa l’introduzione delle misure organizzative atte a prevenire la crisi e la loro adeguatezza.


Le nuove disposizioni introducono quindi una maggiore responsabilizzazione dell’imprenditore diverso da quello individuale e si applicano agli amministratori delle società di capitali e di persone perché risponderanno verso i creditori sociali per l’inosservanza degli obblighi di conservazione dell’integrità del patrimonio sociale.


Per assolvere tali obblighi occorrerà quindi dotarsi di:

· budget di cassa;

· controllo periodico degli scostamenti e dei sette indici previsionali di rischio economico finanziario elaborati dal CNDCEC[4];

· assetto organizzativo e tecnologico adeguato;

· piano industriale e business plan;



Non c’è una disposizione esplicita che obbliga ad adottare gli strumenti di cui sopra piuttosto che alcuni di essi ma sta all’organo amministrativo capire quali siano indispensabili in considerazione della dimensione aziendale e della complessità del modello di business; appare però evidente che il budget di cassa a sei mesi sia il miglior strumento per la verifica della sostenibilità dei debiti oltre che il primo da implementare: consiste nella determinazione dei flussi di cassa attesi mensilizzati confrontati con le uscite programmate per i pagamenti partendo ovviamente dalle disponibilità iniziali di cassa e banca; nel caso emerga la non sostenibilità dei debiti le soluzioni sono tre: apporti dei soci, ricorso a nuovo indebitamento o cessione di asset aziendali.

Anche l’adozione documentata del controllo degli indici atti a scongiurare la sussistenza di uno stato di crisi d’impresa è assolutamente raccomandata:


1. il primo indicatore della crisi è dato dal patrimonio netto negativo che imporrà l’immediata ricapitalizzazione della società;

2. il secondo indicatore è dato dal rapporto (che si presume > 1)tra i flussi di cassa attesi nei sei mesi successivi e debiti da coprire nello stesso periodo;


Se i primi due indicatori non emergono ne scattano ulteriori cinque, con valori di riferimento diversi a seconda del settore di attività, il cui superamento congiunto fa presumere l’insorgere della crisi.


3. sostenibilità degli oneri finanziari: oneri finanziari/fatturato;

4. adeguatezza patrimoniale: patrimonio netto/debiti complessivi;

5. liquidità: attività a breve/passività a breve;

6. ritorno liquido dell’attivo: cash flow/attivo;

7. indebitamento previdenziale e tributario: debiti prev.trib./attivo.


L’impresa che non ritenga adeguati gli indici messi a punto dal CNDCEC per peculiari caratteristiche potrà adottarne di specifici spiegando nella nota integrativa le ragioni ed indicando nella stessa quelli sostitutivi più idonei ed allegando l’attestazione di un professionista indipendente.

Si obietterà che il piccolo imprenditore spesso non ha il tempo e le capacità professionali per eseguire i controlli di cui sopra assorbito com’è dal quotidiano e dal business: ecco che allora le parole “assetto organizzativo e tecnologico adeguato” assumono un significato più preciso: l’imprenditore conoscendo i limiti della propria struttura organizzativa dovrà ridisegnarla anche affidando i controlli di cui sopra a dei professionisti esterni che possano avere accesso ai dati necessari. Quindi adeguerà l’organizzazione con compiti in outsourcing, magari con tecnologia in cloud per una disponibilità continua ed un controllo più fluido, come back office dell’ufficio amministrativo o come collaboratori dell’ufficio amministrativo per l’adeguamento formativo dei dipendenti. Nel primo caso le aziende che non hanno in previsione di aumentare le dimensioni della propria amministrazione potranno assolvere l’obbligo senza dover assumere nuovo personale e senza dover impegnare il personale esistente; nel secondo caso le aziende in crescita potranno assolvere l’obbligo autonomamente con il supporto di un professionista che forma i dipendenti sull’utilizzo dei nuovi strumenti.

Ultimo ma non ultimo il piano industriale e il business plan: sarebbe auspicabile trovare sempre il tempo per redigere questi documenti indipendentemente dagli obblighi di cui sopra perché rappresentano un formidabile momento di riflessione per capire la sostenibilità e la strategia del business ma è comprovato che l’imprenditore arrivi a sentire questa esigenza raramente prima di implementare il progetto imprenditoriale e a volte alla vigilia di grosse evoluzioni del business in termini dimensionali e/o di complessità.


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Note: [1] Sono “grandi imprese”: le imprese che, ai sensi dell’art. 3, par. 4, della Direttiva 2013/34/UE, alla data di chiusura del bilancio superano i limiti numerici di almeno due dei tre criteri seguenti: a) totale dello stato patrimoniale: venti milioni di euro; b) ricavi netti delle vendite e delle prestazioni: quaranta milioni di euro; c) numero medio dei dipendenti occupati durante l’esercizio: 250. [2] Sono “gruppi di imprese di rilevante dimensione”: i gruppi di imprese composti da un’impresa madre e imprese figlie da includere nel bilancio consolidato, che rispettano i limiti numerici di cui all’art. 3, par. 6 e 7, della Direttiva 2013/34/UE. [3] L’obbligo di nomina dell’organo di controllo si concretizza al superamento per due esercizi consecutivi di almeno uno dei seguenti limiti: · totale dell’attivo dello stato patrimoniale: € 4 milioni; · ricavi delle vendite e delle prestazioni: € 4 milioni; · dipendenti occupati in media durante l’esercizio: 20 unità. [4] Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed degli Esperti Contabili

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