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Immagine del redattoreFabio Magnani / Financial Advisor

Quando il mare è calmo, chiunque è marinaio

Siamo in un momento eccezionale, lo abbiamo detto, sentito, capito; però ci vuole un’inversione forte di tendenza, un segnale che dia al sistema Italia la voglia di ripartire, di crederci. Forse è il Recovery Fund o Next generation EU, ad ogni modo ci vuole una reazione.


Perché dico questo?


Perché le macro variabili Consumi ed Investimenti, che rappresentano una la parte più importante degli impieghi (C), l’altra il potenziale produttivo di un Paese (I), sono ferme in maniera preoccupante, con impatti sulla competitività del sistema Paese devastanti.


“Dal 2010 il tasso di accumulazione dell’economia italiana è rimasto costantemente inferiore a quello dei nostri partner europei, con un ritardo che si è andato nel complesso ampliando durante il decennio scorso. Nel 2019, in Italia la quota degli investimenti totali sul Pil (misurati a prezzi correnti) è stata del 18,1%, superiore di soli 1,4 punti percentuali rispetto al minimo del 2014 e inferiore di ben 4 punti alla media dei paesi dell’area euro.”


Audizione del Presidente dell’ISTAT alla V Commissione (Bilancio, tesoro e programmazione) Camera dei Deputati - Roma, 29 gennaio 2021


La fotografia che emerge è quella di una Italia grigia e ripiegata su sé stessa. La produzione industriale è crollata, era da aspettarselo, anche se prima del 2020 non è che stesse fiorendo. Settori trainanti come le costruzioni subiscono gli effetti di scelte scellerate da oltre un decennio; una luce è forse il Superbonus (ne riparlerò).

A mio avviso il tratto più preoccupante è quello manifestato dalla fiducia delle imprese, che a gennaio 2021 è precipitata, anche a causa degli eventi politici interni.

Abbiamo perso il reddito di Grecia e Portogallo messi insieme ed abbiamo un reddito pro capite ritornato a 26 anni fa.


La conseguenza di tutto ciò è che sono aumentati i depositi.


Nel mese di dicembre famiglie ed imprese hanno lasciato su conti e depositi 1.736 miliardi, 25 miliardi in più del mese precedente e 162 miliardi in più rispetto a fine dicembre 2019. Il bollettino mensile dell’Associazione bancaria italiana dice che l’incremento anno su anno è pari al 10,3 per cento, la variazione più alta registrata in tutto il 2020.


Quindi i consumi sono fermi, le famiglie non spendono e le imprese non investono. E la situazione interna non aiuta certo a recuperare quel clima di fiducia che è indispensabile per rimettere in movimento il denaro. Quanto sta accadendo nel mondo imprenditoriale lo fotografa l’indagine della Bce, che rileva un fenomeno comune anche nel resto d’Europa. «Nel caso delle imprese – si legge – le richieste di credito sono state finalizzate in particolare a finanziare l’aumento delle scorte e la spesa corrente mentre sono calate le intenzioni di investimenti in conto capitale. Le banche si attendono che gli standard per la concessione del credito sia a imprese che famiglie continuino a registrare una stretta nel primo trimestre del 2021».


Come se ne esce?

Investendo sulla innovazione, sul miglioramento della produttività (impianti, capitale umano e finanziario), creando un nuovo clima di fiducia ed un pizzico di ottimismo, tirando fuori il meglio da quella classe imprenditoriale in questo momento sopita.


Perché “quann' 'o mare è calmo, ogni strunz è marenaro”.


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